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Perché fare la lista dei buoni propositi spesso non funziona?

Cambiare e migliorarsi Dott.ssa Laura Bastianello Psicologa Psicoterapeuta Albignasego Padova

I giorni a cavallo tra la fine dell’anno corrente e l’inizio di quello successivo sono noti per essere terreno fertile per i cosiddetti “buoni propositi“.

Parliamo di desideri, fantasie, intenzioni che ci piacerebbe realizzare durante l’anno successivo.

Quello che spesso le persone raccontano è che i loro buoni propositi manifestano un andamento “ciclico” ovvero ogni anno si ripropongono in forma più o meno simile. Spesso l’entusiasmo associato alla fase di ideazione scivola progressivamente -settimana dopo settimana- nella frustrazione legata alla mancata realizzazione del proposito. Rimane un’idea astratta che può accompagnare a lungo la persona senza tuttavia concretizzarsi.

Cosa rende così difficile dare un “volto concreto” ai buoni propositi?

A pensarci bene spesso si tratta di obiettivi vaghi, astratti, difficili da trasformare in comportamenti concreti.

Prendiamo il caso di colui che si ripropone di diventare una persona più determinata.

Cosa significa essere determinati? Concretamente può essere difficile descrivere cosa implichi a livello di comportamenti. Ancor più difficile può essere “ricordarsi” di farlo nella vita reale, nei momenti di pressione e di tensione.

Inoltre, il pensare di realizzare un simile “proposito” potrebbe comportare un grande “cambiamento” nella vita di una persona. Forse gradito, ma molto impattante e magari associato a conseguenze negative non immediatamente visibili. Per una persona timida e riservata l’idea di apparire determinata potrebbe sembrare “manna dal cielo”. Eppure per quella stessa persona, ad un livello meno consapevole, vedersi come “determinata” potrebbe comportare il timore di scivolare nell’aggressività. La paura di allontanare gli altri, di non vedere accolta la propria determinazione bensì sentirsi respinti tramite l’allontanamento o l’ostilità.

Prendiamo un altro esempio, proviamo a pensare alla persona che da anni racconta di avere problemi di peso, il buon proposito potrebbe essere quello di perdere 20kg.

In caso di sovrappeso potrebbe essere un obiettivo di benessere, i vantaggi in termini estetici e di salute sembrano assodati. Eppure a fronte di questi condivisibili vantaggi possono esserci implicazioni meno note ma ugualmente importanti. Pensiamo all’utilizzo del cibo come elemento di gratificazione e gestione delle emozioni “negative”. Cambiare la propria alimentazione e stile di vita potrebbe comportare la necessità di affrontare i propri vissuti e imparare a gestirli in modo diverso.

La sera quando arrivo a casa teso e nervoso per il lavoro, mangio qualche snack e mi sento già un po’ meglio. Mi sembra che mi aiuti a rilassarmi. Se non li mangiassi, mi chiedo se riuscirei a distendermi altrettanto rapidamente”.

Altro scenario può essere quello della socialità, per qualcuno il “mangiare molto” è parte del processo dello stare in relazione con gli altri. L’idea di cambiare stile alimentare potrebbe comportare la paura di non saper trovare altri contesti ed occasioni per stare insieme agli altri e coltivare il rapporto con loro.

Ho paura che la dieta mi renda una persona triste, temo che potrei avere meno occasioni e discorsi da condividere con gli amici, che dovrei tirarmi indietro di fronte a cene, inviti e mangiate in compagnia”.

Gli esempi sopra descritti ci possono aiutare a capire che i “buoni propositi“, anche quando sembrano associati solo a conseguenze positive, possono portare con sé altre conseguenze -meno visibili ma altrettanto impattanti e magari percepite negativamente- che possono rendere difficile il passaggio dal pensiero all’azione.

A ciò si aggiunge il fatto che i buoni propositi sono spesso grandiosi, aspirano ad ampi e profondi cambiamenti e bramano di essere realizzati velocemente.

Nella mia esperienza ho invece potuto osservare come il cambiamento durevole di frequente avvenga in modo lento e progressivo. Come se fosse fatto di tanti livelli che si sedimentano appoggiandosi l’uno sull’altro. Il cambiamento “realistico” e durevole non è quello che ci allontana da noi stessi, facendoci sentire diversi da ciò che siamo, ma quello che parte da noi stessi per costruire, passo dopo passo, un’alternativa.

Il cambiamento “sostenibile” non è repentino, grandioso, immediato, ne mirato a trasformare completamente la persona, bensì comprende la ricerca di un equilibrio possibile tra “cio che siamo” e “ciò che vorremmo essere”.

Prende forma giorno dopo giorno attraverso piccoli esperimenti quotidiani e momenti di riflessione e di conoscenza di sé, utili a costruire nuove soluzioni e nuovi modi per gestire le situazioni e vivere il proprio rapporto con gli altri.

Per riassumere, il fallimento di tanti buoni propositi non implica che cambiare e migliorarsi non sia possibile, bensì che il “come” ciò avviene può contribuire a fare la differenza.

Dott.ssa Laura Bastianello Psicologa Psicoterapeuta Albignasego Padova

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